lunedì 23 novembre 2009

Dicono ora ciò che noi ripetiamo da anni

'Bisogna mettere a sistema il volontariato: cioe' renderlo parte integrante del Servizio Sanitario Nazionale, soprattutto in un momento in cui, con l' aumento del numero degli anziani e delle malattie croniche, c' e' bisogno di gestire i pazienti anche sul territorio'. Lo ha detto il vice ministro della Salute Ferruccio Fazio, nel suo intervento a conclusione di una tavola rotonda su questo tema tenutasi all'Ospedale San Raffaele in occasione della prima giornata nazionale dell'Associazione Volontari Ospedalieri (AVO). Prima di lui, l'assessore alla Sanita' della Regione Lombardia, Luciano Bresciani, aveva parlato del volontariato come di un 'pilastro della cronicita'', e aveva fornito a tal proposito un dato indicativo, affermando che gia' oggi 'il 72% delle nostre spese e' riservato esclusivamente alla cura delle malattie croniche e solo il 28% a quelle acute'. Secondo Bresciani in futuro sara' sempre piu' cosi', 'tanto che impegnamo il 70% delle nostre risorse per le cure territoriali negli ultimi 10 anni di vita. Sta avanzando il momento della cronicita', sara' una sfida in cui il volontariato avra' una funzione sempre piu' importante'. Fazio ha quindi affermato che 'il servizio sanitario nazionale deve poter contare in maniera organizzata su attivita' come quelle del volontariato. Abbiamo grossi problemi con la non autosufficienza - ha aggiunto ricordando come proprio ieri in base all'accordo Stato-Regioni sulla salute, e' stato rifinanziato il fondo per la non autosufficienza - ;abbiamo problemi con la cura degli anziani e per quanto attiene alle malattie psichiatriche, cosi' come ci sono famiglie di anziani malati cronici che hanno grossissimi problemi e che potrebbero essere aiutate dal volontariato'. 'E a questa importante funzione del volontariato nel territorio - ha concluso - si affianca una importante funzione del volontario in ospedale, dove a causa delle tecnologie il paziente e' diventato sempre piu' un numero. Ecco che il volontario puo' favorire il processo di umanizzazione e aiutare il paziente nel suo percorso ospedaliero'. '

lunedì 16 novembre 2009

Il primo cuore trapiantato in Italia


Il primo trapianto di cuore fu effettuato 24 anni fa a Padova dall’equipe del professor Vincenzo Gallucci: a ricordare quell’evento è oggi Alessandro Mazzucco, rettore dell’università di Verona e nel 1985 stretto collaboratore del cardiochirurgo:una telefonata da Roma, poi ritenuta non corretta, annunciava la firma per il via libera del ministero della sanità al primo trapianto del genere in Italia.La macchina organizzativa si mise subito in moto e il malato in lista di attesa, il falegname, Ilario Lazzari, fu chiamato per essere preparato all’intervento. Ma si fece a tempo a fare indietro tutta: i medici verificarono che quella firma non era stata ancora messa, e Lazzari rimandò solo di 48 ore l’intervento salvavita. Un telegramma del ministero il 13 dava finalmente l’atteso permesso; sempre a Treviso un giovane, Francesco Busnello, moriva in moto. I genitori non esitarono a dare l’assenso alla donazione (“Siamo lieti, dissero, di far rivivere nostro figlio nel petto di un’ altra persona”). La macchina riparte e Lazzari questa volta entra in sala operatoria per uscirne diverse ore dopo con un cuore nuovo.Da quel 14 novembre del 1985 in pochi giorni altri centri di cardiochirurgia effettuano un trapianto di cuore: il 18 novembre Mario Vigano’ a Pavia, il 23 novembre in un solo giorno se ne fanno tre, a Bergamo, (Lucio Parenzan), a Udine (Angelo Meriggi), a Milano (Alessandro Pellegrini); il 25 novembre è ancora Parenzan a Bergamo e Benedetto Marino al Policlinico Umberto I di Roma; il 26 è ancora Gallucci; e via uno dopo l’altro: in poco meno di un mese fino all’8 dicembre 1986 si contano 12 trapianti di cuore. “Il trapianto di cuore piombò all’improvviso nella realtà italiana – spiega Mazzucco – si sapeva dell’exploit di Christian Barnard, si sapeva di trapianti di altri organi. Ma il cuore rimaneva ancora alla frontiera della fantasia. Eppure senza grandi campagne di sensibilizzazione, la gente donava organi. Non come ora, ma anche allora donava”. Da allora di strada ne è stata fatta tanta e oggi il centro nazionale trapianti può annunciare che grazie alla rete di operatori italiana il nostro paese figura al primo posto per la qualità degli interventi: “i pazienti trapiantati in Italia stanno meglio che negli altri paesi”, dice Alessandro Nanni Costa citando il Collaborative Transplant Study di Heidelberg che ha messo a confronto i dati europei. Un successo che si aggiunge ad altri importanti conferme: siamo secondi dopo la Spagna per i donatori (terzi al mondo dopo Spagna e Usa); secondi dopo la Spagna per trapianti di cuore; secondi anche per i trapianti di fegato da cadavere e terzi dopo Spagna e Francia per trapianti di rene da cadavere. In Italia sono circa 656 i pazienti in lista di attesa di un cuore nuovo a fronte di 350 trapianti effettuati (a fine anno si stima di arrivare a 364). Il tempo di attesa medio per chi aspetta un organo è di 2 anni e la mortalità è del 10%. “Il tema della donazione di organi rimane molto importante”, ha aggiunto Nanni Costa, e la nota dolente rimane soprattutto nel centro sud dove permane una vistosa carenza e la situazione italiana si configura ancora una volta a macchia diLeopardo”.