lunedì 7 dicembre 2009

Una data importante per il cuore


il 3 Dicembre 1967, all’Ospedale Grote Schuur di Città del Capo, un giovane chirurgo sudafricano, Christian Barnard, appena 45enne, esegue un’operazione che fino ad allora era considerata praticamente impossibile: togliere il cuore malato di un uomo e sostituirlo con quello sano di un donatore. Barnard legherà così il suo nome al primo trapianto di cuore su un uomo eseguito al mondo. Il paziente è un sudafricano di 55 anni, Louis Washkansky, che sopravviverà per 18 giorni dopo l’intervento. La donatrice fu una ragazza di 25 anni, Denise Darvall, morta in seguito a un incidente stradale. Un mese dopo, i 2 Gennaio 1968, lo stesso Christian Barnard eseguirà un secondo trapianto, e questa volta il paziente, Philip Blaiberg, sopravviverà per 594 giorni. In ogni caso da quel momento si apre una nuova porta per la cardiochirurgia moderna. Oggi il trapianto di cuore è considerata un’operazione quasi “normale”. Il primo trapianto di cuore in Italia venne eseguito il 14 novembre 1985 a Padova, dall’équipe del professor Vincenzo Gallucci, che operò con successo sul mestrino Ilario Lazzari (scomparso nel 1992). Il donatore fu un ragazzo di 18 anni. Altri “pionieri” dei trapianti di cuore in Italia sono stati il prof. Mario Viganò, il prof. Lucio Parenzan, il prof. Angelo Meriggi ed il prof. Alessandro Pellegrini.Il primo intervento di Barnard era stato preceduto, nel 1964, dal tentativo di Hardy e Webbdi sostituire il cuore di un uomo con quello di uno scimpanzé. Ma il paziente sopravvisse solo poche ore all’intervento. Ancor prima di Barnard la tecnica operatoria di trapianto del cuore era stata messa a punto dall’americano Norman Shumway di Palo Alto, con oltre 800 operazioni compiute su animali. Ma Barnard fu comunque il primo ad applicarla con successo da uomo a uomo. Il primato e la fama di Barnard lasciarono però nell’ombra un altro protagonista di quell’impresa: un chirurgo che aveva affiancato lo stesso Barnard in quei primi storici interventi, con un ruolo tutt’altro che secondario, di cui però nessuno ha mai celebrato il nome… forse semplicemente perché non era un bianco, e quello di Barnard era ancora il Sudafrica dell’apartheid.

L’AIUTANTE NON LAUREATO E DIMENTICATO…Quell’uomo si chiamava Hamilton Naky. La sua è una storia incredibile: pur essendo stato un protagonista fondamentale dei primi trapianti di cuore, è morto a 79 anni con una pensione da giardiniere (226 euro al mese) del principale ospedale di Città del Capo, nonostante fosse stato uno dei migliori chirurgi di quello stesso ospedale e l’assistente prediletto di Christian Barnard, che sul letto di morte disse “Come tecnico era migliore di me!”.

Ma tutto quel valore doveva restare segreto, e lo stesso Naki fece di tutto perché lo restasse. Per due motivi: perché era un uomo di colore nel Sudafrica dell’apartheid, e soprattutto perché… non aveva la laurea in medicina.

Naki era un totale autodidatta, dotato comunque di un’incredibile abililità operatoria. Abilità che aveva affinato nei laboratori dell’ospedale, quando era un semplice inserviente, incaricato di assistere agli interventi scientifici su animali. Studiando da solo, frequentando i medici dell’ospedale, ottenendo la loro fiducia fino al punto di farsi affidare i ferri chirurgici per operare sugli animali, Naky era giunto ad elaborare sue tecniche per trapiantare fegato e cuori sui cani. Poi incontrò Barnard, di ritorno da un corso di perfezionamento sulla chirurgia a cuore aperto, e da quel momento nacque un sodalizio umano e professionale che non si sciolse mai. Dopo i primi trapianti di cuore il volto di Barnard divenne famoso in tutto il mondo, ma quello del suo assistente nero nessuno lo vide mai (del resto come si poteva annunciare che nell’equipe che aveva realizzato quelle prodigiose operazioni aveva operato anche un “non laureato”?!). Il segreto di Naki, la mancanza della laurea, del resto doveva essere mantenuto anche per consentire allo stesso Naki di continuare a lavorare ed operare nello stesso ospedale. Nel 2002 Hamilton Naki ottenne un parziale risarcimento morale: gli venne attribuita la più importante onorificenza del Sudafrica. A chi gli chiedeva cosa aveva pensato della sua fama oscurata per tutto quel tempo, Naki serafico rispose:

A quei tempi le cose andavano così, e tutti continuarono a dire che ero l’uomo delle pulizie”.